Assegno divorzile: riflettori puntati sull’effettivo sacrificio compiuto durante il matrimonio

Possibile, altrimenti, giustificare l’assegno solo per esigenze strettamente assistenziali, ravvisabili laddove il coniuge più debole non abbia i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa o, per ragioni oggettive, non possa procurarseli

Assegno divorzile: riflettori puntati sull’effettivo sacrificio compiuto durante il matrimonio

Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in funzione perequativa-compensativa presuppone un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio tra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti, presente al momento del divorzio, sia realmente l’effetto del sacrificio, da parte del coniuge più debole, a favore delle esigenze familiari. In assenza di prova di tale nesso causale, l’assegno può giustificarsi solo per esigenze strettamente assistenziali, ravvisabili laddove il coniuge più debole non abbia i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa o, per ragioni oggettive, non possa procurarseli.
Questi i paletti fissati dai giudici (ordinanza numero 14459 del 30 maggio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame un contenzioso relativo ad un corposo – ben 6mila euro – assegno divorzile.
Sul tavolo, cifra a parte, c’è la questione del riconoscimento dell’assegno divorzile in funzione esclusivamente compensativa-perequativa, risultando acclarata la autosufficienza economica di entrambe le parti.
In questa ottica, va rammentato che l’assegno divorzile, avendo una funzione anche compensativo-perequativa, va adeguato all’apporto fornito dal coniuge che richiede l’assegno e che, pur in mancanza di prova della rinuncia a realistiche occasioni professionali-reddituali, dimostri di aver contribuito in maniera significativa alla vita familiare, facendosi carico in via esclusiva o preminente della cura e dell’assistenza della famiglia e dei figli, anche mettendo a disposizione, sotto qualsiasi forma, proprie risorse economiche al fine di soddisfare i bisogni della famiglia e di sostenere la formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge.
Tornando alla specifica vicenda, sono potenzialmente rilevanti le osservazioni proposte dall’uomo e concernenti la non incidenza delle scelte di vita della moglie in merito al consolidamento della sua posizione economica e patrimoniale (frutto, a suo dire, di risalenti attività imprenditoriali ancora condotte in seno alla sua famiglia di origine), la idoneità al lavoro della ex moglie, la eccessività del depauperamento del fondo titoli della ex coniuge non giustificato a fronte di altri investimenti mobiliari ed immobiliari, la autonoma rinuncia di questa ad attività lavorative.
Dall’altro lato, la donna non ha dato prova, almeno sinora, che l’esistenza dello squilibrio economico tra gli ex coniugi sia riconducibile all’organizzazione familiare durante la vita in comune ed al contributo da lei offerto durante gli anni di matrimonio.

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