Azioni revocatorie: il termine di tre anni decorre dalla dichiarazione di fallimento

Le azioni revocatorie possono essere esercitate solo dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e non prima che il curatore assuma l’incarico

Azioni revocatorie: il termine di tre anni decorre dalla dichiarazione di fallimento

Il termine di tre anni per l’esercizio delle azioni revocatorie fallimentari decorre dalla dichiarazione di fallimento e non dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo che abbia preceduto il fallimento. Ciò perché le azioni revocatorie possono essere esercitate solo dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e non prima che il curatore assuma l’incarico.
Questo il paletto fissato dai giudici (ordinanza numero 11224 del 29 aprile 2025 della Cassazione), a fronte del contenzioso originato dall’azione revocatoria fallimentare proposta dal commissario straordinario di una società per azioni in amministrazione straordinaria e dichiarata insolvente, azione relativa a tre pagamenti ricevuti da una società a responsabilità limitata e ritenuti dal commissario straordinario della società per azioni effettuati nel periodo sospetto anteriore all’apertura della procedura e quindi in violazione della par condicio creditorum.
Per i magistrati di Cassazione è legittima la valutazione compiuta dal commissario straordinario della società per azioni.
Per fare chiarezza viene richiamata la legge fallimentare, laddove pone la regola della decorrenza dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese solo per i termini a ritroso che definiscono il cosiddetto periodo sospetto. Pertanto, anche sul piano della stretta interpretazione letterale, la regola non è dettata con riferimento al termine di tre anni, per il quale la disposizione fissa chiaramente il dies a quo della decorrenza dalla dichiarazione di fallimento.
Ma è soprattutto sul piano della logica e dei principi generali che, spiegano i giudici, si apprezza l’impossibilità di fare decorrere il termine per l’esercizio delle azioni recuperatorie fallimentari da un momento in cui quelle azioni ancora non sono in astratto ammissibili e non possono pertanto essere esercitate. Si tratta, infatti, nella maggior parte dei casi, di azioni che sorgono con la dichiarazione di fallimento e che possono essere esercitate solo dal curatore. Pertanto, non può non trovare applicazione il principio generale secondo cui, Codice Civile alla mano, la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Ma anche laddove si tratta di azioni preesistenti alla dichiarazione di fallimento (azioni revocatorie ordinarie), il destinatario della disposizione che pone un termine perentorio per il loro esercizio è chiaramente il curatore fallimentare, nell’interesse, da un lato, della massa dei creditori ad un rapido realizzo dell’attivo e, dall’altro lato, dei potenziali convenuti a non rimanere troppo a lungo nell’incertezza sulla stabilità degli atti da essi compiuti.
Pertanto, è solo dal momento in cui assume l’incarico il curatore che può iniziare a decorrere il termine per l’esercizio delle azioni da parte dello stesso organo, chiosano i giudici. Né una diversa soluzione può ritenersi imposta dal principio di consecuzione delle procedure avviate con riguardo alla medesima situazione di insolvenza di un imprenditore. La rilevanza della consecuzione, difatti, oltre a non avere carattere generale, in ogni caso non reca in sé alcuna necessità logica di derogare al citato e stringente principio per cui non può darsi corso a un termine per l’esercizio di un diritto o di un’azione prima del momento in cui quel diritto (o quell’azione) può essere fatto valere.

News più recenti

Mostra di più...