Recensioni positive farlocche: legittimo parlare di pratica commerciale scorretta
Confermata la sanzione adottata dall’Antitrust. Inequivocabile l’evidenziazione sul proprio sito, da parte della società multata, di una percentuale fuorviante (98 per cento) di clienti soddisfatti

Stop alle recensioni on line farlocche. Sacrosanto, sanciscono i giudici (sentenza numero 1586 del 27 gennaio 2025 del Tar Lazio), parlare di pratica commerciale scorretta. Ciò perché la diffusione di recensioni non corrette è idonea a sviare la scelta consumeristica.
Questi i punti fermi fissati a chiusura del contenzioso originato da tante, troppe recensioni entusiastiche on line per un’azienda operativa nel settore delle ristrutturazioni immobiliari.
Confermato, di conseguenza, il provvedimento sanzionatorio – per una cifra pari a 4milioni e 500mila euro – adottato alla fine del 2023 dall’Antitrust centrato soprattutto sulla diffusione, tramite piattaforme on line, di recensioni false o comunque non autentiche, e sulla conseguenziale evidenziazione sul proprio sito, da parte della società, di una percentuale fuorviante (98 per cento) di clienti soddisfatti.
Per fare chiarezza, anche considerando l’importanza sempre maggiore acquisita dalle recensioni on line, i magistrati precisano che la delega ad una piattaforma terza del compito di raccogliere le recensioni sul proprio operato non esonera il professionista da responsabilità per culpa in vigilando a fronte di recensioni false.
Irrilevante, poi, anche la mancanza di prove in merito ai danni arrecati ai consumatori traviati dalle recensioni non veritiere. Ciò perché le pratiche commerciali scorrette sono illeciti di pericolo, relativamente ai quali non è necessaria l’effettiva lesione del bene giuridico protetto dalla norma, essendo sufficiente l’esposizione al rischio di un pregiudizio, secondo una valutazione di prognosi a posteriori.
Ampliando l’orizzonte, poi, i giudici aggiungono che, pur esternalizzando alcuni compiti relativi alla gestione e alla pubblicazione delle opinioni dei consumatori, residua comunque in capo all’impresa la necessità di controllare il contegno dei proprî collaboratori, e, in questa ottica, la predisposizione, come in questa vicenda, di sistemi incentivanti di remunerazione imperniati sui positivi giudizî pubblicati on line costituisce un tipico caso di ‘moral hazard’ che induce il dipendente a comportamenti opportunistici che possono trarre in inganno il consumatore.