Straniera sposata con un italiano: una precedente condanna le nega la cittadinanza

Possibile cambio di prospettiva solo a fronte della concessione della riabilitazione

Straniera sposata con un italiano: una precedente condanna le nega la cittadinanza

In tema di acquisto della cittadinanza italiana iure matrimonii, l’effetto preclusivo dell’acquisto della cittadinanza, che la legge numero 91 del 1992 ricollega alla condanna per un delitto non colposo per il quale la legge prevede una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione, è un effetto penale della condanna e cessa a seguito della concessione della riabilitazione, non essendo sufficiente il solo positivo decorso del tempo a seguito della sospensione condizionale della pena.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 27928 del 20 ottobre 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso relativo all’istanza con cui una donna argentina ha chiesto il riconoscimento della cittadinanza italiana alla luce del matrimonio da lei contratto con un cittadino italiano.
In origine, la Prefettura ha respinto l’istanza, avendo la donna riportato due condanne irrevocabili per delitti non colposi per i quali la legge prevede una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione, entrambe a pena condizionalmente sospesa. A questa visione, però, la donna ha replicato osservando che, non avendo lei commesso successivamente altri reati, sono stati dichiarati estinti i reati che avevano portato alle due condanne.
Per i giudici di merito non ci sono dubbi: la posizione assunta dalla Prefettura è corretta. In particolare, in Appello viene rammentato che la norma stabilisce che hanno effetto preclusivo dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte di straniero coniugato con cittadino italiano l’aver riportato condanna per determinati delitti, e tra questi anche per delitti non colposi per i quali la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione, mentre la stessa norma stabilisce che la riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.
In sostanza, secondo i giudici d’Appello, la lettera della norma non lascia adito a dubbi circa l’esclusione della sospensione condizionale della pena, così come delle altre cause estintive del reato e della pena, dal novero dei fatti che determinano la cessazione della preclusione all’acquisto della cittadinanza italiana connessa all’inflizione di una condanna, limitato alla sola riabilitazione, che è per espressa previsione normativa una causa di estinzione delle pene accessorie e degli effetti penali della condanna caratterizzata da una funzione promozionale e premiale, perché collegata all’avvenuta espiazione della pena principale inflitta e alla buona condotta successivamente dimostrata per un congruo periodo di tempo dal condannato.
Queste osservazioni sono condivise e confermate dai magistrati di Cassazione, i quali, analizzando lo specifico caso della acquisizione della cittadinanza per matrimonio, precisano che in tale ipotesi si configura, in capo allo straniero che presenta specifica richiesta, un vero e proprio diritto soggettivo a diventare cittadino italiano, fatta salva, però, l’eventuale sussistenza di motivi inerenti la sicurezza della Repubblica. A questo proposito, in merito all’esito dei giudizi penali ostativi al riconoscimento della cittadinanza italiana, la circostanza che la parte che abbia richiesto il riconoscimento della cittadinanza per coniugio abbia tenuto una buona condotta è irrilevante in mancanza dell’emissione del provvedimento di riabilitazione, al quale soltanto fa riferimento la legge sulla cittadinanza. Sotto altro profilo, avuto riguardo agli effetti dell’istituto dell’applicazione della pena su richiesta (cosiddetto patteggiamento), l’effetto preclusivo dell’acquisto della cittadinanza – che la norma ricollega alla condanna per un delitto non colposo per il quale la legge prevede una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione – dipende non dalla mera irrogazione della sanzione penale, bensì dall’accertamento della responsabilità e dal giudizio di colpevolezza e, quindi, non può derivare dalla pronuncia della sentenza di patteggiamento, ma richiede una vera e propria sentenza di condanna.
Andando ancora più nello specifico, le preclusioni al conseguimento della cittadinanza integrano gli effetti penali della condanna conseguenti all’esito di giudizi penali, che impediscono il riconoscimento dello status di cittadino, categoria in cui è ricondotta ogni conseguenza giuridica sfavorevole per il reo, derivante ipso iure da una sentenza di condanna, senza che sia necessaria altra decisione, giurisdizionale o amministrativa che le applichi discrezionalmente, che non sia qualificabile come pena accessoria o come misura di sicurezza, conseguenza giuridica che può verificarsi in qualsiasi campo, sia pubblico che privato: si parla di effetto penale avendo riguardo pertanto non al settore di incidenza ma a quello di provenienza della pronuncia. Risulta pertanto coerente e pienamente raccordata con il sistema penalistico, la previsione che fa conseguire la cessazione dell’effetto preclusivo della condanna direttamente al conseguimento della riabilitazione, che estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna e che è concessa quando siano decorsi almeno tre anni (o il maggior termine fissato per legge in relazione alle condizioni soggettive del condannato) dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o si sia in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Vanno evidenziate, poi, la peculiarità e la autonomia della riabilitazione rispetto alle altre cause di estinzione del reato o della pena. In particolare, la riabilitazione si caratterizza rispetto alle cause di estinzione di specifico reato o di specifica pena per un connotato di efficacia generale e residuale: essa, infatti, è astrattamente idonea ad estinguere anche ogni ulteriore conseguenza che norme eventualmente sopravvenute alla sua concessione possano far derivare dalla medesima condanna per cui essa è intervenuta. Da tale operatività della riabilitazione in ordine ad ogni possibile effetto della condanna, e non soltanto a quelli già verificatisi, consegue, poi, che debba ritenersi sussistere l’interesse a richiedere il relativo provvedimento per il solo fatto che risulti intervenuta sentenza di condanna dalla quale non si sia già stati riabilitati. La riabilitazione presuppone, inoltre, proprio l’esecuzione o altro modo di estinzione della pena principale inflitta con la condanna.
Lampante, poi, la differenza esistente tra l’istituto della sospensione condizionale della pena e l’istituto della riabilitazione, rimarcando anzi – la non sovrapponibilità degli stessi ma – la alterità coordinabile tra i due istituti laddove è intervenuta a delineare la tempistica di presentazione dell’istanza di riabilitazione nel caso di condanna a pena condizionalmente sospesa. Invero, la sospensione condizionale della pena è disposta prima di qualsiasi verifica circa la condotta successiva alla sentenza di condanna e sulla base di una prognosi di non ricaduta nel reato svolta a tale momento, mentre l’estinzione del reato è istituto che si fonda sul decorso dei termini stabiliti unitamente ad ulteriori elementi (il condannato non commetta entro tali termini un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, e adempia gli stessi obblighi impostigli) ed opera ope legis, salva l’eventuale necessità di accertamento da parte del giudice dell’esecuzione. La riabilitazione, infine, costituisce un beneficio che può essere concesso solo a seguito di una pronuncia del Tribunale di sorveglianza con cui si riscontri che sia decorso il termine fissato dalla legge dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Da respingere, quindi, la tesi proposta, nella specifica vicenda, dalla donna argentina, tesi mirata a sostenere l’equipollenza o l’equivalenza degli istituti della riabilitazione e della sospensione condizionale della pena.

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